Intervento a "Mistero" (Italia 1)

13 Novembre 2009
 
 
 
30/10/2009 - Tratto da Vercelli Oggi - Cultura e Spettacoli
ENRICO RUGGERI - La sua visita è un "Mistero" - Lo shownman è in città per incontrare Maurizio Cavallo
 
Enrico Ruggeri, noto cantante e presentatore televisivo proprio ieri si è recato a Vercelli, assieme alla sua troupe guidata dal regista Ade Capone, per intervistare il "contattista" Maurizio Cavallo che sarà il protagonista principale di una puntata della fortunata trasmissione televisiva "Mistero" in onda su Italia Uno.

VercelliOggi ha avuto la possibilità di seguire da vicino la registrazione della puntata che si è svolta in parte in casa di Maurizio Cavallo per poi spostarsi, passando da Trino, sul Monferrato esattamente nelle colline in prossimità di Camino.

La scelta dell'ambientazione non è stata casuale poiché Maurizio Cavallo afferma di aver incontrato gli essere alieni in una radura in prossimità del paesino del Monferrato appena sopra Trino Vercellese. L'occasione è stata anche utile per ascoltare la sensazionale storia dell'inconsueta avventura di Cavallo che ha avuto e continua ad avere, un certo risalto a livello internazionale.

Come ha raccontato davanti alle telecamere lo stesso Cavallo, intervistato da Enrico Ruggeri, e come si può leggere sul suo sito web :

"Incominciò tutto in una sera di metà settembre. C'era ancora nell'aria la calura di un'estate particolarmente torrida che solo allora andava diluendosi in una sottile pioggia odorosa di polvere e in leggere folate di vento. Un sabato sera in compagnia di amici in una pizzeria e poi un giro in auto per le strade strette della collina.
Eravamo appena giunti in una radura e stavamo smontando dalle auto, quando improvvisamente il cielo scuro fu squarciato da un bolide incandescente, una sfera di fuoco scaturita dal nulla. Rimanemmo attoniti a guardare e in silenzio ne seguimmo le strane evoluzioni finché, con una rapida manovra di avvicinamento, " la cosa " iniziò a scendere verso un vicino bosco di pioppi sparendovi dopo qualche momento e irraggiando tutto intorno una luminosità smorzata di color rosso-arancio. Sorpresi ed eccitati, in un attimo decidemmo di andare verso il luogo dove l'oggetto era sparito. Ma ben presto, a causa dell'oscurità e di un profondo avvallamento cosparso di rocce e rovi che si frapponeva tra noi e il bosco, rinunciammo. Tornando verso le auto e poi verso casa, non facemmo altro che parlare dello strano evento ipotizzando le più disparate congetture. Quando verso le 23-23,30 ci separammo, mi accorsi di non sentirmi affatto bene. Mi rigiravo nel letto in preda all'angoscia. Forze estranee mi stavano inducendo a fare ciò che in realtà non desideravo fare, ma nonostante cercassi di oppormi con tutto me stesso, mi ritrovai nell'automobile, il motore già avviato, poi alle prese con le curve nelle tortuose stradine di collina. In quel momento mi ricordai di non avere carburante a sufficienza. Come per risposta giunse il brusco rallentare dell'auto, ed il motore che tossiva si spense. Mi ritrovai immerso nell'oscurità, non mi reggevo in piedi, dovevo essere in uno stato psicofisico terribile. Poi apparve d'improvviso una sfera di fuoco vorticoso; all'interno scorgevo un corpo più chiaro di un argento sfavillante. In un susseguirsi di eventi veloci e disarticolati come accade nei sogni, provai la sensazione di fluttuare nell'aria, mi resi conto di essere sollevato dal terreno e risucchiato verso l'alto. Mi parve d'essere rinchiuso in una capsula di vetro attraverso la quale scorgevo un ambiente incredibilmente vasto; un evidente paradosso nell'inconscio mi suggerì l'abnorme differenza tra l'oggetto visto dall'esterno e lo spazio che mi conteneva, e del quale intravedevo appena i limiti estremi. ( Dall'esterno il diametro apparente dell'oggetto poteva essere di 15 o 20 metri). L'ambiente risultava quasi spoglio, privo di qualsivoglia strumentazione di qualsiasi genere, tranne che per i pannelli organizzati lungo tutta la circonferenza che partivano da circa un metro dal pavimento verde traslucido simile allo smeraldo e convergevano degradanti verso il soffitto semicircolare. Il ronzio crebbe d'intensità e quasi contemporaneamente la voce penetrò la mia mente: mi disse di non temere poiché non mi sarebbe stato fatto del male. Il ronzio si intensificò modificando i toni bassi in echi striduli, laceranti, e un senso di nausea spinse lungo la gola conati di vomito misto a urla senza suono. Quando il rumore simile a quello prodotto da una enorme dinamo raggiunse livelli insopportabili tanto da perforarmi i timpani, chiusi gli occhi e mi sentii cadere. Scivolavo verso il basso, precipitavo velocemente. Poi tutto si placò e al mio sguardo attonito si offrì uno scenario incredibile. Attraverso le palpebre socchiuse e doloranti, si stagliava un paesaggio fiabesco, irreale: costruzioni dalle forme estranee, dall'architettura monolitica e tondeggiante, svettavano a perdita d'occhio emanando una luce fluorescente dalle tonalità calde tra il giallo e l'arancione; ordigni inconsueti, sospesi nell'aria, ondeggiavano in un largo spiazzo circolare. Ma soprattutto mi impressionò l'edificio che dominava la scena e che colpì la mia immaginazione con una similitudine astratta. Appariva come una conchiglia rovesciata con grandi arcate lungo il perimetro esterno e frontoni fregiati, sui bordi alti, da simboli strani, per alcuni versi simili all'antica scrittura cuneiforme oppure assimilabili ai geroglifici. Queste arcate nella loro forma contenevano impossibilmente il cerchio ed il triangolo, una elaborazione architettonica difficilmente esprimibile eppure fantasticamente esistente. Mossi qualche passo indeciso, e incredulo mi voltai. Potei così osservare la macchina con la quale il mio rapimento era avvenuto: non pulsava più, non era più avvolta dalle fiamme. Ora era simile a una gemma tondeggiante che andava assottigliandosi verso i bordi. Aveva assunto un colore mercuriale molto vivido e sembrava fatta di un materiale trasparente, tanto che ebbi come l'impressione di scorgere alcune parti all'interno di essa. Per tutta la circonferenza dell'ordigno, una flangia sfavillante simile allo zaffiro ad intervalli regolari emanava dei lampi di luce azzurro-cobalto, una fiamma di natura elettrica. Comprensibilmente frastornato, mi rendevo conto di non provare nessuna paura; anche il malessere era completamente scomparso. Avvertivo nell'aria un odore amaro e pungente, intenso, qualcosa che mi ricordò la montagna, un misto tra l'erba bagnata e la salsedine, forse un po' più amaro. Stavo cercando di spiegarmi, tra una ridda di sensazioni contrastanti, l'innaturale silenzio che perdurava divenendo insostenibile, quando preceduta da un senso di vertigine tornò la voce: " Sii benvenuto, figlio di Sahrahs, il mio nome è Chama e provengo da Clarion "- Quella voce aveva lo straordinario potere di creare visioni nella mia mente, così mentre i suoni fluivano in me, accompagnate da un sottile riverbero metallico prodotto (lo saprò in seguito) da un traduttore simultaneo, nel mio cervello si creavano immagini di luoghi e di eventi, chiarissimo compendio di quanto mi veniva narrato. Le immagini erano così nitide da creare l'impressione di esserci in mezzo, come se stessi vivendo quanto invece mi veniva solamente proiettato.Vidi Clarion, un pianeta di azzurro cristallo e mimosa. Il verde blu degli oceani era simile al colore dei nostri mari, ma l'acqua dava l'impressione d'essere metallo in fusione perenne e creava fasce d'argento bruno in un avvicendarsi di plastiche onde perlacee. Clarion - che nell'idioma alieno significa " splendore "- mi venne detto appartenere ad un sistema binario posto nella terza galassia. E' orbitante intorno a due soli, come un tempo fu anche per il nostro sistema solare. Sempre attraverso immagini indotte, appresi che Clarion dista dal nostro mondo 150 mila anni luce, spazio che per giungere sino a noi i visitatori coprono in 72 - 73 dei nostri giorni proiettando le loro navi attraverso quelli che definirono una sorta di corridoi magneto- temporali".


Sicuramente una storia che ha dell'incredibile raccontata però da una persona estremamente mite, tranquilla e limpida qual è Maurizio Cavallo che dopo quell'esperienza, che continua tutt'ora come egli stesso dice, ha visto la sua vita trasformarsi inesorabilmente...

Gian Luca Marino


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