Convegno "Il Futuro è Quì" (Torino)

18 Novembre 2012

 
 

Maurizio Cavallo e Giuditta Dembech.
 
Relazione Congresso Torino
 
A distanza di oltre trent'anni, ripercorrerò con voi i passi salienti, i momenti più intensi e drammatici della mia storia: nel breve tempo concesso, sarà il tentativo di un viaggio nella memoria, ricordando per sommi capi la vicenda che mutò radicalmente e violentemente la mia esistenza.

Il 12 settembre del 1981 fu un giorno come tanti altri, e come tanti - tranne che per un fastidioso e inconsueto stato d'ansia, che iniziai ad avvertire nel pomeriggio inoltrato - trascorse senza eccezionali accadimenti. Nulla avrebbe potuto far presagire che quel giorno conduceva in grembo l'avvenimento più terrificante e portentoso che a un uomo possa capitare e che si sarebbe fissato nel tempo per tutto il corso della mia esistenza. Niente, apparentemente, poteva far sospettare che da lì a poco sarei andato incontro al mio destino, a un'ineluttabilità fatale che avrebbe per molti anni trasformato la mia vita in un incubo senza fine.

Nulla di ciò che accadde poi in seguito, nella notte, potevo presagire. Tutto appariva come sempre. In quella serata greve di fine estate tutto era normale. Niente di anomalo era accaduto durante il giorno, né aleggiavano presagi inquietanti nella pioggia che a crepuscolo inoltrato cominciò a cadere leggera: inumidendo appena l'asfalto e liberando molecole di polvere nell'atmosfera carica di elettricità statica, riempiva l'aria di quel peculiare odore che sulla lingua appare amaro.
La serata si consumò lieta tra i soliti discorsi e l'ordinaria allegria di un gruppo di amici davanti a una pizza e un boccale di birra. Poi tutti quanti insieme su per le colline a concludere la serata in una radura sterrata tra la vegetazione le stelle e il miraggio di una leggera brezza, l'illusione di un po' d'aria fresca.

D'improvviso uno squarcio di luce nella notte, una folgore, una meteora che arresta la sua corsa e lenta, oscillante inizia a scendere nel bosco. Lo stupore, la vana ricerca fra l'oscurità e il terreno impervio, infido, tra rocce e rovi, anfratti e tronchi secchi.
Frattanto e dopo, i discorsi ancora più vani, le speculazioni, le riflessioni confuse sullo strano fenomeno e il silenzio dei pensieri che giunge quando si cercano risposte a domande mai formulate.

Poi il ritorno a casa, il malessere estenuante che s'impadroniva del mio corpo intorpidendolo in un crescendo di nausea e pensieri torbidi, confusi; la febbre e il delirio che divenivano voce possente nel cervello: perentoria decisa implacabile. L'ordine inflessibile e indiscutibile, i miei sforzi vani, l'inutilità di qualsiasi resistenza.. Il soggiacere all'ineluttabile che si approssima e che m'induce a uscire ancora nella notte, che mi obbliga a ritornare nella radura; il soccombere al richiamo invisibile e ambiguo verso un oscuro fato.

Una trasformazione estenuante, traumatica.

Quella notte, alle 3 del mattino circa, la mia vita mi fu sottratta. Fui crudelmente spogliato delle umane certezze, delle ordinarie consapevolezze, e scaraventato in immensi abissi di dubbi, d'angoscia e follia. Tutto ciò che mai avrei pensato sarebbe potuto accadere, quella notte accadde, e tutto ciò che la ragione reputava impossibile inconcepibile irrealizzabile, prodigiosamente prese forma e divenne tangibile e straordinariamente reale.

E il mio cervello fu invaso da memorie estranee, fu attraversato da conoscenze aliene, da pensieri avulsi e da ricordi altrui. La mia anima fu dilaniata da mille implacabili rostri, da tormenti inenarrabili, e il mio corpo e la mia mente orribilmente piagati da oscure potenze provarono la somma, miserabile umiliazione dell'abbandono, della sconfitta e della rassegnazione.
In balia di titanici carcerieri provenienti da un altrove inconcepibile, subivo la gogna d'essere spogliato da occhi che attraversano la carne, la materia e le forme. Scrutato e psichicamente anatomizzato, ero privato d'ogni dignità, violato nell'essenza più intima, frugato nei miei più reconditi pensieri.

Gli alieni, gli extraterrestri, i crononauti, i viaggiatori del tempo, coloro che provenivano da altri piani dimensionali, quella notte, per motivi ignoti, erano penetrati prepotentemente e improvvisamente nella mia esistenza.

Nel corso degli anni, nell'ambito d'innumerevoli incontri indotti, mi spogliarono delle mie umane certezze e distrussero gli archetipi mentali, gli schemi di cui siamo rivestiti e nei quali la società di questo mondo ci educa conformandoci. Crollarono le mie convinzioni e non ebbi più certezze: ero stato divelto dall'ordinaria realtà e precipitato a forza oltre i confini del delirio.
Fu allora che iniziò a morire l'uomo vecchio mentre dalle sue ceneri nasceva l'uomo nuovo.

Fu un'iniziazione?

Per anni li detestai. Avrei voluto odiarli e urlare insieme alla disperazione tutta la mia rabbia, il disprezzo più profondo. Ma seppur rassegnato e sconvolto, in quella prigionia fatta di silenzio e solitudine (non era semplice spiegare ad altri ciò che mi stava accadendo, tanto più che io stesso allora pensavo d'essere uscito di senno ) li combattevo, tentavo di combatterli cercando di mantenere una coerente lucidità e una razionalità diffusa, per non soccombere tra quelle oscure regioni che potrei definire con un eufemismo: singolarità spaziotemporali, oppure eventi aberranti prodotti dalle distorsioni interpretative che il nostro cervello elabora dai fenomeni giudicati anomali e bizzarri.

Un aiuto per non impazzire.

Solo dopo, col tempo, compresi che il conflitto vissuto con astio esasperato nei confronti di coloro che mi avevano rapito in una notte di fine estate, era invece la lotta che avevo intrapreso contro me stesso, contro ciò che pensavo d'essere, contro tutto ciò che credevo vero e reale nella dimensione illusoria di questo mondo. Solo dopo compresi che i viaggiatori del tempo non m'inflissero mai torture né mi cagionarono sofferenze. Capii che i vani tentativi per sfuggire ai miei carcerieri, il dolore da essi causato, erano solo i frutti dell'inutile disperato rifiuto nei confronti di un'incomprensibile metodologia capace d'espandere la coscienza oltre i limiti sostenibili dell'effimero sapere umano, alla quale per ignoti motivi ero stato sottoposto.
Il mio odio col tempo si stemperò nelle nuove acquisite certezze, l'angoscia si trasformò in quiete, l'ostilità e il rancore si convertirono in amore ammirazione e rispetto. Concepivo chiaramente i loro propositi, i disegni di un'opera che trascendeva il tempo.
Mi resero edotto nei segreti del cosmo, mi elargirono una conoscenza smisurata, un sapere ineffabile e una coscienza volumetricamente universale. Mi condussero per le vie dei mondi e mi aprirono alle meraviglie dell'infinito multiverso.
Mi resero consapevole e libero, refrattario all'imposizione alterata e fallace della mente, al condizionamento illusorio dei sensi e della ragione, sottoposti alle dinamiche spaziotemporali. Compresi che tutto è energia e non vi è alcuna contrapposizione o complementarietà se non nell'apparente, limitata percezione dell'osservatore, posto nella separazione fossilizzata della mente, la quale, creando incessantemente forme e paradigmi, lo assoggetta alla propria determinata interpretazione nell'assurda cristallizzazione dell'IO.

Gli insegnamenti.

M'insegnarono che la morte non esiste, che in una dimensione "anomica" è la paura della morte a creare la morte stessa: che le malattie scaturiscono da cause psicosomatiche, da nodi e conflitti interiori irrisolti, dalla distonica abitudine di voler considerare il corpo fisico quale realtà assoluta nella dimensione fenomenica e illusoria nella quale siamo prigionieri, che la sofferenza, l'angoscia e il dolore sono gli effetti della perduta atavica conoscenza e della libertà quale espressione purissima della nostra reale identità cosmica.

Seppi dei loro usi e costumi, appresi che non hanno necessità di alcun culto e di nessuna professione religiosa. Il matrimonio per essi non è un contratto, mai la stipula di effimeri, retorici diritti e doveri, ma la perfetta e cosciente comunione tra due poli creativi tesi a donarsi carismaticamente nella completezza delle dinamiche psicofisiche e spirituali. Ma di ciò, della loro prole e della società in cui esprimono la felice e sobria esistenza, parlo ampiamente nei miei libri: Oltre il Cielo; Alla Sorgente del Tempo; Fulgori dall'Abisso.

La loro tecnologia supera la più fervente fantasia fantascientifica.
I loro mondi: della Confederazione stellare fanno parte oltre 700 pianeti di diverse galassie e sistemi siderali.
Clarion (a 150 mila anni luce) orbita intorno a due astri. Mi fu detto che nell'universo la struttura planetaria con due tre e finanche sette astri è comune, naturale, mentre è anomala la struttura del nostro sistema solare, che originariamente era un sistema trinitario. Il nostro mondo, alle origini, possedeva una massa di dieci-dodici volte quella attuale, e mi fu aggiunto che per un lunghissimo periodo orbitò intorno ad un sistema binario simile a quello clariano.

Per percorrere la distanza tra Clarion e la Terra impiegano 72/73 dei nostri giorni.
Clarion vuol dire splendore, e sul pianeta - tranne che per un breve crepuscolo - non cala mai la notte.
Si trova nella terza galassia, nella Costellazione dell'Aquila.

Vidi le loro città in mezzo una natura incontaminata: città sospese nell'atmosfera venusiana. Su Venere, metropoli a tre livelli: sotterranee e marine; di superficie, incastonate tra foreste e folta vegetazione; aeree, sospese nell'atmosfera cristallina.

Seppi pure che mai si è verificato il Big-bang, che la velocità della luce é superabile all'infinito. Acqua e ossigeno sono presenti in abbondanza sulla Luna.

Marte, Venere, Saturno e alcuni satelliti di Giove sono abitati. Nel nostro sistema solare sono dodici i pianeti, e non nove come afferma la scienza astronomica.
Mi parlarono di matematica cosmica e di equazione dell'infinito.


I miei viaggi.

I viaggi compiuti con loro nello spazio e nel tempo, nelle loro basi sotterranee e marine, furono sempre da me compiuti nella completezza del mio corpo fisico, anche se - per evitare i rischi e gli spiacevoli inconvenienti che tali trasferimenti biologici comportano, compreso ovviamente un epilogo tragico - essi sempre attuarono minuziosamente e con attenzione certosina i necessari accorgimenti tecnologici (atti a proteggermi) che il loro stupefacente progresso scientifico permette. I miei viaggi in altre dimensioni non furono esperienze fuori dal corpo, i cosiddetti "viaggi astrali", come la corrente New-Age ha definito la bilocazione psichica attraverso la proiezione del doppio eterico o guscio sottile.
.furono sempre materialmente e indubitabilmente reali e a quanto mi risulta, in piena coscienza.
Fui trasportato nelle loro basi sotterranee e in altre poste nelle profondità oceaniche. Vidi i loro avamposti, le loro mastodontiche città, vidi svettanti torri di cristallo, le titaniche architetture degli edifici, i vertiginosi bastioni e gli avamposti immersi nella lussureggiante primordiale vegetazione, e altre forbite strutture dalle astruse geometrie inconcepibilmente sospese su inenarrabili oceani di fuso smalto violaceo . e cieli color mimosa.
A questo punto dovremmo chiederci chi sono gli Alieni, o meglio forse dovremmo domandarci cosa non sono.
Ebbene, non sono gli Angeli di biblica memoria, anche se nei miti religiosi ci vengono descritti come tali, o meglio, gli esegeti delle religioni danno questa errata interpretazione erigendoli a messaggeri della divinità. Non sono neppure demoni o spiriti della natura; non sono elementali, fate, ondine o folletti. Non sono le anime dei morti, gli spiriti dei trapassati, e quindi non sono fantasmi, larve o baruntiche sostanze plasmatiche. Non provengono dall'aldilà e neppure da metafisiche regioni infernali.

Non sono Dei, anche se della Divina Coscienza Cosmica incarnano l'essenza e ne rivestono le qualità, le prerogative e la potenza. Sono gli stessi esseri che in un remoto passato camminarono insieme agli uomini di questo mondo, e che i profeti, i vari Ezechiele, Elia, i Mosè e i tanti eletti descrissero come emissari di Dio, mentre erano e sono solo esploratori galattici, scienziati siderali e delegati del grande Consiglio astrale.
In un lontano passato furono definiti Elohim, Eloah, Jahvè, Anunachi, Arconti e Demiurghi. Ma non erano l'Eterno Onnipotente, e neppure era nelle loro intenzioni forgiare i culti misterici e le liturgie delle religioni nelle quali confida l'uomo, talvolta fino all'isterico parossistico fanatismo. Erano, e sono, figli delle stelle; popoli di altri mondi, viaggiatori temporali che in ere ataviche - molto più remote di quanto ipotizza la scienza terrestre - crearono sul pianeta Terra le condizioni ove acclimatare estranee forme di vita biologica e applicare nuove dinamiche all'autoctono processo evolutivo dal quale, da un sauro anfibio, sarebbe sorta, attraverso progressive e delicatissime manipolazioni genetiche, la creatura che oggi noi definiamo uomo (nel feto umano ancora oggi è riscontrabile una coda, quale emblema ereditario della genesi originale).


Allora, chi sono?

Essi sono i guardiani stellari, i Signori dell'arcobaleno. Sono i giardinieri dell'Universo, i precursori ancestrali; gli Antichi creatori, gli immortali senza tempo, e provengono dai confini del Cosmo. Giungono dalla sorgente primeva, arrivano dall'altrove in cui si genera l'eternità, là dove per l'eternità regnerà il mistero.

Mai osai definirmi messaggero e neppure ambasciatore dei popoli stellari. Non ho mai creduto di essere un prescelto, un eletto o un predestinato. anzi talune volte ancora mi chiedo perché ciò che ho vissuto e che con onestà intellettuale e umiltà ho tentato di raccontare ancora una volta oggi, sia accaduto a me. Confesso che dopo tutto il tempo trascorso da quella notte di settembre, ancora lo ignoro.
Ho sempre aborrito il termine di contattista, che spesso mi veniva a torto conferito, poiché tale termine presume un qualche messaggio ed io non ho mai ricevuto né l'ordine né il consiglio di addurne alcuno. Ma se messaggio dovesse esserci, esso probabilmente è insito nell'esperienza stessa, e dunque credo sia compito di chi l'esperienza ha appreso, relazionarla alla propria coscienza e non alla mia figura. Poi se una designazione dovessi accettare per ciò che ho vissuto e ancora vivo, preferirei fosse quella di addotto, o semplicemente di uomo rapito dalle fulgide tenebre dell'oltre: di un dormiente risvegliato.
Mai mi sono reputato un maestro e mai ho voluto indicare la via ad alcuno, ma in chiunque io abbia incontrato, sempre ho veduto un altro me stesso, e ho sopportato il peso dell'ingiuria di chi non poteva credere in ciò che avevo vissuto. Quando molto tempo fa, per un senso d'irrefrenabile dovere nei confronti dei miei simili decisi di espormi al ludibrio per ciò che a molti ancora appare incredibile e assurdo, lo feci raccogliendo tutto il mio coraggio con l'unico intento d'onorare ciò che forse immeritatamente mi era stato concesso.

Potrei dire che in oltre trent'anni ho molto sofferto per la solitudine, per l'incapacità della razza umana, e per le scelte da essa compiute che sempre più allontanavano l'essere umano da un mondo migliore, da una comprensione più ampia e da un'esistenza più felice; ma sarebbe ingiusto nei confronti dei tanti che spesso, senza apparire e nel timore di disturbare, per un istante entravano in punta di piedi nella mia sfera con un breve timido messaggio: grazie! - dicevano; grazie per averci donato la tua storia terribile e meravigliosa.
Io oggi so che devo molto a costoro, ma forse loro non sanno quante volte nelle loro brevi frasi ho trovato conforto, gioia e coraggio, forza e determinazione. Forse non sapranno mai In quanti di loro ho riconosciuto un viandante per il quale un mondo diverso è possibile.

So che devo molto anche ai Creatori, a coloro che provenendo da un infinito altrove, sequestrandomi e spogliandomi di ogni umana presunzione e vanità mi resero libero e immortale.
Ed è per questo che per una volta nella vita sarò messaggero, sarò l'ambasciatore della Confederazione Interstellare.
Oggi siamo prossimi a un cambiamento epocale e stiamo assistendo all'ultima fase di un processo evolutivo iniziato milioni di anni fa.
Oggi tutti siamo chiamati ad assumere le nostre responsabilità e scegliere se tornare alle originarie leggi cosmiche e occupare il posto che ci spetta nella nostra stellare famiglia, oppure continuare a dilaniarci nel dolore e nell'indifferenza, nell'ignoranza e nelle fosche tenebre dell'illusione.

Uno scenario di proporzioni apocalittiche si va mostrando con sempre maggior chiarezza dinanzi allo sguardo smarrito e terrorizzato dell'uomo, e un cambiamento epocale, senza precedenti, è prossimo ad inaugurare l'inizio di una nuova Era con il conseguente azzeramento della nostra esile memoria e dell'intera storia umana fino a oggi considerata "civiltà".
La scelta del nostro futuro ci appartiene e solo noi, nel bene e nel male, creiamo giorno dopo giorno il nostro destino.
Solo noi possiamo creare il Mondo che abiteremo domani.

Maurizio Cavallo Jhlos